Nel gennaio del 1905 Augusto Murri, lo studioso più in vista della Clinica Medica bolognese e una delle punte di diamante della medicina italiana, affrontava nelle sue lezioni il problema del metodo critico, dell'educazione della ragione al pensiero libero, senza idoli e preconcetti. Ne nacquero pagine memorabili, in una prosa alta e severa, che non dimenticava mai di essere duttile e ironica, ricca di nervature, persino affabile e briosa: classica nella sua modernità, sulla linea che fu di Galileo, Bartoli, Malpighi e Spallanzani (e, per la prosa narrativa, di Manzoni). I pensieri di Murri furono capaci di entusiasmare, all'epoca, un letterato come Renato Serra, che si domandava: "Che cosa è nell'ingegno e che cosa cerca nel mondo [...] Augusto Murri? E a leggere le sue lezioni che gusto ci trovi?". Forse Murri cercava quello che, di queste lezioni, è il motivo conduttore, di per sé immune da ogni confine disciplinare: il "consiglio delle cose", la forza e il cammino del vero, l'esercizio di un pensiero critico mai dogmatico (nemmeno verso la scienza), dove Newton, Darwin e Pavlov convivono con Cicerone e Voltaire, con Platone e Montaigne. Riletti oggi, questi testi ben degni di un canone letterario ci ridanno il 'gusto', come voleva Serra, di un'umanità dispiegata, di una Medicina vissuta come forma di umanesimo integrale.
Con una Introduzione di Marco Veglia.
Anonimo -