Testo latino a fronte. Nell'anno 63 a.C., sul finire dell'autunno, la vita interna di Roma è turbata dalla minaccia improvvisa di un colpo di Stato. Un nobile ambizioso e di ambigua fama, Catilina, trama una congiura destinata a spezzare il monopolio politico dell'oligarchia senatoria, per attuare poi un programma di riforme sociali; e in lui convergono le speranze di quanti sono, per nascita o condizione economica, emarginati dal potere. Console in carica è Cicerone, il più grande oratore di Roma. Nel pericolo che si profila egli intravede l'occasione di una insperata affermazione personale e lo fronteggia clamorosamente, attaccando Catilina con l'arma insidiosa del suo talento oratorio. L'aspra requisitoria pronunciata contro di lui nel corso delle quattro celeberrime orazioni 'Catilinarie' - al termine delle quali sta la condanna a morte dei congiurati - resta tra i capolavori della sua eloquenza, e insieme documenta, con singolare immediatezza, l'arroventato clima politico in cui si consuma il tramonto della repubblica. Abilmente, Cicerone scolora le motivazioni sociali della congiura, dando fosco risalto all'ambiente che la sostiene; e riduce il conflitto a uno scontro fra due implacabili antagonisti, uno dei quali - il console - tutela con fermezza le istituzioni dello Stato, mentre l'altro - l'emarginato, il ribelle - mira a sovvertirle con la violenza. Legalità e violenza risultano, nel discorso, i termini finali di una lotta dalla cui soluzione dipende la sopravvivenza stessa dello Stato. Ma è nobile verità o capziosa retorica? L'introduzione di Lidia Storoni guida a intendere con equilibrio le ragioni politiche ed umane di queste pagine, il cui fascino resta inalterato nel tempo.
Anonimo -