La ricostruzione del centro storico dell'Aquila richiede una operatività molto attenta e culturalmente impegnata, in grado di affrontare i singoli problemi attraverso un dialogo serrato tra cittadini, istituzioni ed enti di ricerca locali. All'interno di questo quadro di riferimento deve essere rifiutato l'intervento demiurgico di progettisti di "chiara fama", sempre pronti a proporre un loro modello di città in dissonanza con ogni forma di preesistenza o tradizione. Altrettanto può dirsi sull'inutilità e la mancanza di efficienza di un "piano" urbanistico, sempre troppo rigido e vincolistico, oltre che incapace di ogni controllo sulla qualità architettonica dei singoli progetti di intervento, tanto di ricostruzione che di restauro. Occorre invece mettere a fondamento di ogni singolo progetto la conoscenza storica, unica metodologia capace di individuare e mettere nella giusta evidenza il valore documentario di ogni preesistenza, anche allo stato residuale; una sorta di critica catalogazione, una banca dati, da intendersi come un insieme di norme di un regolamento edilizio, per "ricostruire restaurando" attraverso singole proposte capaci di coniugare insieme il "progetto" con la "memoria" della città dell'Aquila e dei borghi del suo contado; così come accadde dopo il terremoto del 1703, ancora più grave e rovinoso.
Anonimo -