Il cervello delluomo è loggetto che ci appare come il più meraviglioso esistente in natura, perché senza questoggetto neppure la natura esisterebbe poiché loggetto cervello riflette loggetto natura. Un oggetto nel mondo che è contemporaneamente il mondo. Oggi ne sappiamo immensamente di più anche solo di pochi anni fa, e sono in molti a pensare che grazie alle neuroscienze si sia ormai prossimi a trovare la chiave che apre lultima porta. È un bel sogno, che può portare lontano. Ma è bene non lasciarsene travolgere: molti dei neurobiologi ritengono che vi sia uno iato incolmabile. Il grande neuropsichiatra Kety affermava: anche se si accetta una visione riduzionista che le informazioni che il substrato biologico elabora non siano altro che modificazioni chimico-fisiche delle reti nervose la loro descrizione non assicura che si arrivi a comprendere la genesi di un ricordo o di un sentimento. Unantica immagine cabalistica fu molto cara a Kafka: cè un immenso, magnifico palazzo, con migliaia di porte chiuse e migliaia di chiavi per quelle porte. Ci sono tante porte quante chiavi: ogni porta dunque potrebbe essere aperta. Ma tutte le chiavi sono state mischiate, e nessuna apre la porta cui è appesa Il cervello è altrettanto immenso di quel palazzo, certamente. E ha tante porte, e molte sono state effettivamente aperte e molte altre sicuramente lo saranno in futuro. Ma non cè unultima porta come non cè una chiave universale. Cè sempre uneccedenza, e se vogliamo un mistero. Non perché lo studio del cervello ci conduca necessariamente di fronte a una soglia metafisica, ma perché ci conduce esattamente a noi, a tutta lirriducibile complessità del nostro essere e del nostro esperire. Di questo parla il presente volume, necessariamente con molte voci, nel tentativo di cercare finalmente un punto dincontro tra le due culture.
Anonimo -