I due volumi contengono la riscrittura dell'opera di Basile "Il cunto de li cunti" realizzata da Roberto De Simone. Che il "Cunto de li Cunti" tragga la sua materia dalle fiabe popolari napoletane è ben noto; eppure Giambattista Basile su questo impianto favolistico elaborò una complessa quanto affascinante opera letteraria, connotata da un raffinato e composito linguaggio. Nel "Cunto" il Basile seppe fondere l'autentico dialetto napoletano e le costruzioni sintattiche del "Decamerone"; seppe coniugare espressioni gergali, proverbi, invettive plebee, con parodistiche metafore nel sontuoso stile barocco dei suoi tempi; seppe bilanciare in un geniale equilibrio altezze poetiche e basse scurrilità, linguaggio sublime e lazzi osceni, ciarlatanismo ed erudizione, erotismo e sentimenti, magia rinascimentale e mitologia popolare, con un orecchio rivolto al Boccaccio, agli umanisti, al Rabelais, al Marino, e l'altro ai quartieri di Forcella, di Porta Capuana, di Piazza Mercato. Rilevante nell'alchimia linguistica del "Cunto" è anche la componente teatrale, espressa con un sapiente dosaggio di ritmi nella narrazione, e soprattutto nei dialoghi, ma che si realizza appieno nei monologhi dei personaggi, il cui linguaggio sembra derivare dai repertori della Commedia dell'Arte. E a tale proposito, le inevitabili associazioni tra alcuni momenti narrativi del "Cunto" e alcuni modi e forme del teatro shakespeariano fanno ipotizzare una circolazione orale di repertori carnevaleschi, di formulari comici e drammatici, se ad essi attinsero largamente sia il Basile che Shakespeare. Note di Candida De Iudicibus.
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