"Testo latino a fronte. Alla vigilia dell'ultima battaglia politica, Cicerone offre alla classe dirigente un modello di condotta destinato a rinsaldarne la vacillante egemonia. Il ""De officiis"" compie continui spostamenti tra la riflessione filosofica e l'enunciazione di precetti per la vita di tutti i giorni; il 'sistema di virtù' che Cicerone delinea resta saldamente ancorato alla tradizione, ma contemporaneamente prospetta un modello di società innovativo, grazie all'apertura a un variegato pluralismo di attività. La mobilità sociale è incoraggiata, purché resti basata sui tradizionali meccanismi di integrazione alla classe dirigente: Cicerone, che pure fornisce minuziosi precetti di 'etichetta', non mira a stabilire il codice di comportamenti valido all'interno di una chiusa casta nobiliare; la sua morale si pretende valida per tutta la società, e cerca di egemonizzare ceti diversi da quelli che la promulgano. Cicerone probabilmente sopravvalutò la possibilità di risvegliare l'impegno etico-politico nei 'ceti medi' dell'Italia ai quali si rivolgeva il suo messaggio: sta qui una delle cause della sua sconfitta. Sinceramente devoto alla causa dello stato romano, per certi aspetti più aperto dei suoi contemporanei a nuove esigenze di giustizia, per altri prigioniero dell'ottica del proprio tempo e della propria classe, egli poteva comunque rivendicare a buon diritto, nei confronti della 'res publica' che vedeva scomparire, una fedeltà che arrivava quasi alla identificazione."
Anonimo -