Ai tempi leggendari dell'Irlanda pre-cristiana - quando sull'Ulster regnavano i re guerrieri e i druidi, e il grande Conchobar, moriva per uno scatto d'ira, secondo la leggenda, venendo a sapere della crocifissione di Cristo - una semplice disputa tra il re Aillil e la regina Medb, a causa di un toro che era sparito, fa scatenare una guerra violenta e sanguinosa, che sconvolgerà tutto il paese da nord a sud. Questo è il soggetto del "Tain Bó Cúalnge", ossia "La razzia delle vacche di Cooley", uno dei grandi testi che rappresentano le fondamenta dell'Irlanda, testimonianza unica della così misconosciuta civiltà celtica. Il protagonista del racconto è Setanta, figlio di Sualtam, soprannominato Cuchulainn ("colui che ha vinto il cane del fabbro"), l'eroe assoluto dei Gaeli, paragonabile ad Achille, a Ercole o a Mithra. Eternamente giovane e bello, possiede ogni dono, compreso quello della magia. Entra in guerra, animato dalla 'ferg', la furia guerriera che può far ribollire l'acqua in una tinozza, col suo corpo teso come l'arco che attraversa il cielo dopo la pioggia, lo sguardo dardeggiante, brandendo l'arma invincibile, il "giavellotto-folgore". Ma il "Tain Bó Cúalnge" narra qualcosa di più di una semplice razzia. Racconta la nascita della terra d'Irlanda, ci fa vedere i suoi villaggi, le coste, le insenature, le sue colline e i suoi pascoli. È una testimonianza che collega i Gaeli agli antichi guerrieri-pastori venuti dalle terre oltre i Carpazi. Cuchulainn, dopo aver trionfato sui suoi nemici, muore tradito dalla magia degli stregoni. Con lui scomparirà il mito, cancellato dall'arrivo in Irlanda dei primi missionari e dell'ultimo dei druidi, san Patrizio. Raro reperto di una straordinaria civiltà che ha attraversato i secoli al ritmo lento degli armenti, il "Tain Bó Cúalnge" ci fa penetrare nel mistero della creazione mitica e nella seduzione della lingua celtica, che sono le fonti più pure della civiltà occidentale.
Anonimo -