Questo libro è una medaglia su cui sono ritratti due volti. Il primo è quello del suo protagonista: Amedeo Guillet, ufficiale di cavalleria, comandante di un Gruppo Bande a cavallo che fece contro gli inglesi, durante la seconda guerra mondiale, una sorta di guerra di corsa fra le colline e le pianure desertiche dell'Eritrea. Dopo la resa dell'esercito italiano in Africa Orientale, Guillet continuò a combattere. Vestito come un arabo, si mise alla testa di una banda composta da guerriglieri eritrei, etiopici e arabi. Lo accompagnava una giovane donna, figlia di un capo, bella, orgogliosa, audace come un guerriero. Cominciò così una caccia alla volpe in cui la volpe piombava continuamente alle spalle del cacciatore per dileguarsi nella boscaglia. Dopo mesi di guerriglia Guillet dovette nascondersi a Massaua a lavorare come acquaiolo sino al giorno in cui riuscì ad attraversare il Mar Rosso per raggiungere lo Yemen neutrale. Vi ritornò nel 1954. "Sei tornato a casa finalmente" gli disse l'imam sorridendo quando Guillet gli presentò le sue credenziali come ministro d'Italia. L'altro volto inciso sulla medaglia è quello del suo nemico, Vittorio Dan Segre, politologo, giornalista, professore a Haifa e a Stanford, uno dei maggiori esperti di questioni mediorientali. Nel 1938, all'età di 16 anni, emigrò in Palestina. Guillet e Segre s'incontrarono a Napoli nel 1944, combattendo ora dalla stessa parte, ma si conoscono dal giorno in cui Segre studiava nell'esercito britannico sui rapporti dell'Intelligence Service le spericolate azioni di un ufficiale piemontese. Da questa lunga amicizia è nata una biografia in cui Segre, per disegnare il ritratto di Guillet, ha utilizzato soprattutto fonti "nemiche": i rapporti e i ricordi degli ufficiali inglesi che lo combatterono in Etiopia e in Eritrea. Sono le stesse persone che lo hanno festeggiato nei loro club e nelle loro associazioni, dopo la fine della guerra, come un prode nemico.
Anonimo -