Bisogna avere orgoglio e umiltà insieme. È con la crisi della politica che dobbiamo misurarci. Dove va la sinistra se non riusciamo a ristabilire un rapporto nuovo tra politica e popolo?Ho molto esitato prima di scrivere queste note. È acuta in me la consapevolezza della cesura tra il mio tempo e quello che stiamo vivendo. Sono in atto mutamenti profondi, fino a ieri impensabili, anche nella antropologia umana. Al centro di tutto cè la crisi della democrazia moderna e il nuovo rapporto tra leconomia e la società. La sinistra non ha futuro se non esprime un nuovo umanesimo.«Non ho la pretesa di scrivere la storia della sinistra e non voglio nascondere i suoi errori. Mi sembra giusto, però, dire ai giovani di oggi che non partono da zero. È bene che agiscano in modi molto diversi da noi, ma non è sul nulla che poggiano i piedi. Sappiano che la lotta che noi affrontammo nei decenni passati non può essere ridotta a uno scontro tra libertà e totalitarismo. In Italia, almeno, fu una lotta per la democrazia». È così, alla luce di questi pensieri, che Alfredo Reichlin ricorda le vicende della sua generazione. Dalla Resistenza alla ricostruzione, dalla svolta atlantica di Berlinguer allo sfaldamento del Pci, Reichlin racconta le sue esperienze come direttore de lUnità nel 56 e di segretario della federazione pugliese del Pci negli anni Sessanta, le discussioni accese sui movimenti del 68 e del 69, la nuova stagione della sinistra negli anni di DAlema e di Prodi fino ad arrivare a oggi, alla critica netta al `riformismo dallalto che contraddistingue lattuale dirigenza del PD, sempre meno capace di ascoltare il paese. Con una speranza: che la società italiana ritrovi il `midollo del leone, come Italo Calvino definì il nutrimento di una morale rigorosa e di una padronanza della storia.
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