Un padre affettuoso con il pallino per la musica lamenta un forte mal di schiena. Il giorno dopo scopre di avere il cancro.
Cercando con lironia di domare la rabbia e i disagi, comincia le cure: Faccio una chemioterapia da giovane, così mi tolgo il pensiero, dice agli amici. Con lumorismo sopravvive al pietismo e cerca dei lati positivi nella sua condizione di temporanea disabilità, mentre nel viaggio verso la guarigione si compie una trasformazione delluomo che tenta di dare il giusto senso e peso ai gesti della vita, concedendo maggiore spazio alla follia. Gesti che acquistano unimportanza prodigiosa.
Attraverso il mondo complesso della malattia, che nessuno vorrebbe conoscere, rimane lurgenza di vivere più intensamente, una forza conosciuta meglio dai bambini e da chi sente di essere sopravvissuto a qualcosa: una vitalità e una nuova inquietudine che stride con la serenità delle persone che ci stanno attorno. Un nuovo stato nel quale finalmente le azioni sembrano corrispondere alle intenzioni: Dovrei andare diventa vado. Dovrei fare diventa faccio.
Questo è un libro cattivo e impietoso, perché ti fa scoppiare a ridere che non te laspetti, con una precisa vocazione al sarcasmo e allautoironia anche quando parla di chemioterapia, di paura della morte, di amore per i propri cari; cattivo perché ti mette di fronte a uno specchio anche quando non vorresti, non sei presentabile, provi rancore nei confronti del destino e il rancore ti imbruttisce. (Rocco Tanica)
Anonimo -