«Gli imputati sono nella grande maggioranza dei militanti e nella grande maggioranza hanno coscienza di essere stati qui tradotti innocenti. Della vita essi hanno conosciuto soprattutto le miserie, le sofferenze, i patimenti, le malattie, e la parte migliore della loro esistenza, gli ideali di giustizia e la speranza di un avvenire migliore, l'hanno portata sempre chiusa nel loro cuore. Anche se subiranno l'ingiustizia di una condanna, essi troveranno in sé la forza per sopportare questa ingiustizia. Le loro donne e i loro figli piangeranno, ma sono centinaia, migliaia di anni che le donne e i figli dei poveri versano le lacrime di cui si alimenta nel cuore dell'umanità oppressa la sete di giustizia, che poi esplode a tratti, sublime nella sua potenza redentrice». Così si conclude l'arringa pronunciata da Lelio Basso nel processo per ‘i moti’ dell'Amiata del luglio 1948: straordinario documento di rigore giuridico e passione politica, che, sessant'anni dopo, continua a essere una lente fondamentale per ‘leggere’ il conflitto sociale e i suoi diversi protagonisti.
Anonimo -