«In via eccezionale, un falso può dire il vero». Tra le molte lezioni di metodo storico incastonate nell'"Apologie pour l'histoire" di March Bloch, questo antilogico avvertimento sembra adattarsi perfettamente ad introdurre il 'caso' delle prime «fotografie animate» conosciute che abbiano impresso su pellicola l'effige «in movimento» di un papa. Sono immagini ben note nell'ambito del cinema delle origini per il loro intrinseco valore di frattura culturale che colgono papa Leone XIII in un gesto di benedizione, replicato più volte, nei Giardini Vaticani, sontuosi scenari della sua quotidianità. Elena Mosconi, a ragione, ne ha dato una definizione potente che ne esalta il valore paradigmatico di netta cesura tra un "prima" e un "dopo" nella storia della Chiesa: «archetipi di un immaginario cinematografico religioso tanto quanto l'Arrivée d'un train à la gare de la Ciotat e la Sortie des ouvriers des usines Lumière lo sono per quello cinematografico tout-court» . Eppure, chiunque si accosti a questo reperto cinematografico di fine Ottocento grattando poco oltre la superficie del mito fondativo non potrà fare a meno di notare subito alcune eclatanti incongruenze relative all'abbiccì dei suoi connotati di autenticità: ovvero la paternità di queste immagini e la loro datazione. Riducendo la questione all'essenziale si osserva che esistono due versioni della stessa storia che differiscono non di poco: l'una, basata principalmente su un documento filmato della Cineteca italiana di Milano, attribuisce quelle prime riprese al torinese Vittorio Calcina, agente generale per l'Italia della società dei fratelli Lumière, datandole 1896, l'altra le posticipa al 1898 dandone diritto d'autore a William Kennedy Laurie Dickson, ex braccio destro di Thomas Alva Edison, tra i fondatori della società newyorkese American Mutoscope Company (poi conosciuta come Biograph) e rappresentante della sua filiale inglese. Disparità inconciliabili riguardanti le stesse identiche immagini. Chi dice il vero?
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