Alfred Brendel è uno dei massimi pianisti viventi, ammirato e seguito ovunque da un pubblico vasto e compatto. Ed è un pianista che cambia il modo di ascoltare certe opere: il suo Schubert, il suo Beethoven, il suo Haydn, il suo Liszt hanno modificato la nostra visione di questi sommi compositori. Ma Brendel è anche un acuto saggista, che ha analizzato in numerosi scritti questioni musicologiche ardue e sottili. Ora, con In prima persona, ha deciso di far confluire questi due aspetti, scrivendo un libro che è insieme la ricostruzione di come si è formata la sua fisionomia e sensibilità di pianista e una indagine trasversale, minuziosa e al tempo stesso preoccupata di trasmettersi al lettore non tecnico, sulle opere maggiori del suo repertorio. Formula difficile, insieme idiosincratica e onniavvolgente, che tuttavia questo libro applica in maniera felice e quanto mai utile, giacché gli appassionati troveranno qui argomentate ed esplicitate le ragioni delle scelte di Brendel e un nuovo tracciato attraverso il paesaggio folto e fascinoso della letteratura pianistica. "Sono convinto che rientri nell'essenza di un'opera d'arte il fatto che essa nasca e venga tratta dall'inconscio. A questo proposito posso solo rinviare alla bella frase di Novalis secondo cui il caos deve rilucere attraverso "il velo dell'ordine"; il caos è, naturalmente, l'inconscio. Ma senza la forma, che esso riceve con l'aiuto della ragione, non si arriva all'opera d'arte, così come senza il controllo del sentimento, che un interprete deve saper raggiungere, non abbiamo un artista ma un dilettante".
Anonimo -