di Antonella Sbriccoli
Leggere è di per sé un modo per giocare con le parole. Gli occhi le catturano, la mente le assapora e le interpreta. In alcuni libri però il gioco è più spinto. Non solo nell'enigmistica, ma in tutti quei casi in cui il testo gioca con il significato, trasformando la pagina sotto agli occhi del lettore. Ci sono parole stravolte dai refusi, parole da interpretare, parole pericolose se non usate in modo appropriato, parole rivoluzionarie, parole in via di estinzione. E poi ci sono gli scrittori, capaci di usarle bene. Come accade in questi 10 libri.
Fantasia, refusi, una buona manciata di Tweet e il gioco è fatto. Fin dal titolo, che la dice lunga su cosa può succedere se anziché aspettare Godot gli si dà buca, l'ultimo libro di Stefano Bartezzaghi è un susseguirsi di giochi semantici, con titoli di libri e film mai scritti e ricette culinarie mai realizzate. Come il Fagiano Jonathan Livingstone, Un'email di Jacopo Ortis, Tre metri sopra il cielo sopra Berlino e Un borghese piccolo piccolo grande uomo.
Ancora una volta Bartezzaghi sorprende e diverte.
Novantanove modi diversi per raccontare un fatto semplice e banale: la storia di un uomo che in autobus si lamenta per la folla accalcata e che, dopo un po', riesce finalmente a sedersi. Pubblicato per la prima volta nel 1947, questo esercizio di stile è un classico nel suo genere ed è stato anche protagonista di rappresentazioni teatrali. A lungo considerato intraducibile, è stato praticamente riscritto in italiano da Umberto Eco. Quenau gioca con la lingua, frantuma la grammatica e la ricostruisce per ben novantanove volte. Non manca neanche la versione in latino maccheronico.
14 racconti scritti in 14 stili diversi per ricostruire attraverso le parole 14 modi di pensare. Nel suo libro più ambisioso, Andrea De Carlo si immedesima nel linguaggio di uomini diversissimi: in un imprenditore milanese, in un marinaio isolano, in un banchiere tedesco, in un falegname, in uno chef spagnolo, in un politico italiano. Il tutto a Villa Metaphora, un'isola vulcanica simbolo del mondo intero.
Prima di infuriarsi tremendamente per essere stato definito al termine dell'assegnazione dell'ultimo Premio Strega uno "scribacchino" (è stata una delle notizie più strombazzate dalla stampa lo scorso settembre), Carofiglio aveva avvertito tutti: attenzione al modo in cui si utilizzano le parole, la loro manomissione può risultare pericolosa. In questo libro il magistrato si concentra sui termini abusati negli ultimi anni, e tenta di riscoprirne il significato letterale. Vergogna, giustizia, ribellione, bellezza, scelta. Un'indagine attenta, colta e coinvolgente su cinque illustri imputati.
Un vero e proprio viaggio sentimentale tra le parole amate. 182 in tutto, in parte non più "in voga" oggi. Federico Roncoroni ne racconta il significato e ne ricostruisce l'utilizzo attraverso la sua storia personale. Perché soltanto attraverso quelle parole l'autore riesce a ricostruire gli anni Cinquanta del secolo scorso, quelli della sua infanzia e dei tempi della scuola. Qualche esempio: “fuffa”, “pisquano”, “callipigia”, “cipperlimerli”, "barlafus”, “pacioccone” e “pelanda”. Le conoscete tutte?
Nessun altro libro di Andrea Camilleri gioca con la lingua e con i temini e il loro possibile fraintendimento come questo delizioso romanzo. Non è un thriller, ma una animata richiesta da parte di Genuardi Filippo, commerciante in Vigàta, di poter ottenere dalla prefettura di Montelusa la concessione per la linea del telefono nel 1891. Lo scambio epistolare tra il Genuardi e la Prefettura, tutto basato su fraintendimenti linguistici e un utilizzo di termini dialettali e desueti è esilarante. Da leggere assolutamente.
Chissà se Ersilia Zamponi, insegnante di una scuola media intitolata a Gianni Rodari sul lago d'Orta, avrebbe mai pensato che il suo libro sarebbe diventato un best seller. Questo testo, scritto dalla Prof. nel 1986 insieme ai suoi alunni è ancora un evergreen. Sono bastate poche parole (nomi propri e nomi comuni, la squadra di calcio...) per creare un'esilarante carrellata di nonsense divertenti e geniali, che le scuole continuano ad utilizzare come spunti per avvicinare i ragazzi all linguaggio.
Difficile immaginare qualcuno più capace di giocare con la lingua di Alessandro Bergonzoni. Il testo e il DVD di uno dei suoi ultimi spettacoli teatrali apre le porte a una nuova dimensione del linguaggio. Ecco solo alcune delle dediche riportate nel libro:
Dedicato a chi non ha mai letto: Nondò Mahò, la storia di un ricco avaro giapponese.
Dedicato all'incesto di frutta che sta con altra frutta.
Dedicato a tutti i pentiti che prendevano il sole senza crema convinti di essere sotto il programma protezione.
Roberto Bolaño era uno scrittore che con le parole era capace di fare qualsiasi cosa. Leggere 2666 lo dimostra all'ennesima potenza. In quest'opera incompiuta, nata come una serie di racconti che dovevano servire ad accumulare denaro per la sua famiglia quando Bolaño se ne sarebbe andato (soffriva di una grave insufficienza epatica, e lo sapeva bene), lo scrittore cileno utilizza un'inventiva tale che la trama diventa un semplice accessorio. Una volta entrati nel mondo dei suoi personaggi, non importa se non si riesce a capire come finiscono le mille storie che si incrociano nelle pagine. Il racconto trascina fino alla fine.
"Vale la pena che un bambino impari piangendo quello che può imparare ridendo? Se si mettessero insieme le lagrime versate nei cinque continenti per colpa dell'ortografia, si otterrebbe una cascata da sfruttare per la produzione dell'energia elettrica".
Gianni Rodari era un mago delle parole, dei giochi e delle forme di significato più strampalate. Partiva dal senso letterale e poi lo capovolgeva per trasformarlo in parodia. Come in queste poesie, di straordinaria creatività:
«Eravamo sette e sette, | tutti giovani e gagliardi, | coi pennini nelle ghette | per illudere i ghepardi». O ancora: «Commendator, lei sale? | No, grazie, pepe sol. | Lo sale mi fa male | e l'insalata duol».